Trasloco

Ho aperto un blog su blogger.com perché la grafica mi piace di più e mi sembra più ganzo in generale. Chi ha voglia, mi segua di là:

Anni Dieci

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L’ora di filosofia

Si alza e si volta, si avvicina lentamente al letto e sorride al micio, lo spalma sul plaid e gli regala un paio di carezze ben somministrate, ne ride. Poi torna al computer e pensa che, si, potrebbe anche scrivere qualcosa dopo tanto tempo, anche se gli manca l’impulso (ma d’altronde non è forse questa l’essenza di un esperimento?).
L’ora di filosofia a scuola quel giorno era particolarmente soffocante: fuori era già maggio e il prof continuava ad urlare qualcosa su Hegel che gran parte della classe aveva già rinunciato a capire da un pezzo. Il prof non urlava per rabbia, il prof urlava e basta, era la sua appassionata maniera di fare lezione; non era così irritante come può sembrare. La lezione gli importava poco, ma faceva finta di farsela importare, tanto avrà pur dovuto starci a fare qualcosa, in classe. Il protagonista, dico, non il prof. Lui, il protagonista, faceva pendolare il suo sguardo in maniera abbastanza regolare dalle trifore che imprigionavano la primavera al di fuori del palazzo fino ai capelli castano scuri di lei, un po’ trastullandosi, un po’ giocando a speculare sulla fantascienza che il suo cervello elaborava di minuto in minuto, e che lui caparbiamente si ostinava a vedere come il proprio futuro immediato. Naturalmente, una volta finito Hegel e tutti i suoi guai con la propria coscienza a proposito della Rivoluzione Francese, non si sarebbe verificata nessuna delle scene idilliache che gli rimbalzavano gaudenti dal cervelletto alla zona temporale, ma lui era riuscito perfettamente nella non facile impresa di sottostimare ampiamente questa considerazione. Quella giornata, invero, terminò tale e quale a tante altre, non che questo fosse un male, si capisce, ma non era e non fu quello il punto. Il punto è, e lo scopre voltandosi di nuovo verso il micio, attirato irresistibilmente dal manto argenteo, che né quella volta, né quelle altre tante volte, si ricordò di aver mai avuto nemmeno il vago sentore di quali strade la sua vita avrebbe preso nel futuro lontano e neppure in quello prossimo. Questo lo fa ridere un po’, e un po’ lo fa anche sentire superiore a tutti quelli – ce ne sono tanti, e anche all’epoca ce n’erano tanti – che sprecano metà del loro tempo utile a progettare e a pensare a cosa diventeranno da grandi, o anche solo tra qualche anno.
E un po’ invece lo rende triste, pensare di essere come una foglia secca che galleggia su una pigra pozzanghera, senza la minima idea di che cosa fare una volta che l’acqua si sia asciugata.

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Si stava meglio quando si stava peggio

Si rimpiange il passato quando il presente non ne è all’altezza. Non è forse questa, dopotutto, la funzione sordidamente sotterranea del tempo che è trascorso e stato? Fungere da terribile pietra di paragone, una lapide monolitica su cui sono scritte verità intrinsecamente inviolabili, immutabili. È incredibile quanto le cose che non esistono più riescano a far più danni di cose reali, tangibili,  persone e luoghi che hai a portata di mano, odori che riesci a sentire, sensazioni che riesci a provare sul momento. Quelle altre invece se ne stanno là, in un cantuccio lontano, ma tu sai che ci sono e che ci rimangono, sempre lì come avvoltoi a ricordarti che se fra loro c’è stato qualcosa di bello verrà a tormentarti ogni volta che la tua vita sarà debole nel confronto. Ed in questi momenti spariscono come per magia tutti i momenti bui, tutte le difficoltà e gli ostacoli del passato, si nascondono, non si fanno vedere e se ne stanno riparati a sghignazzare del loro attore preferito. Si vedono solo le cose belle, le cose più belle. Da qui la tristezza, la nostalgia, il senso di solitudine, di freddo, il groppo in gola e la voglia di mollare tutto, lo sconforto. È qui che riemerge come un conato tutto il marcio che sta dentro, la consapevolezza e la verità (perché quella non si nasconde a noi stessi), le mezze bugie, le bugie intere, i finti compromessi, gli sforzi vani, le chiacchierate con Dio e col cielo stellato, tanto spettacolari quanto inutili, o almeno così sembrano. Qui sparisce la sicurezza e la fiducia, qui c’è solo amarezza, stupido orgoglio e il ricordo dei dannatissimi tempi migliori.

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Però quel viaggio fu bello

PISA CENTRALE

Il treno puzza.

MILANO CENTRALE

Però è economico (si trovano anche treni che non puzzano, ma non sono economici) e se con te viaggiano gli amici è divertente.
Non ricordo niente dello SMAU, però quel viaggio fu bello.
Ed ancora, le palle del toro e una camminata lunghissima, ma quelle sono altre storie.

ROSIGNANO

Cui prodest? Quante volte me lo chiedo.

GENOVA PIAZZA PRINCIPE

Me lo chiedo e me lo ripeto. Che corsa, ragazzi, che felicità.

FIRENZE SANTA MARIA NOVELLA

Che invidia devono provare i fiorentini quando pensano al Duomo di Pisa. La facciata del loro duomo è finta, quell’osceno cupolone è un capolavoro di sproporzione, il loro battistero è ridicolo e chiamare “piazza” quel bugigattolo è come pensare a Danny De Vito che gioca a basket.
Tuttavia Firenze ha per me significati particolari, specialmente quando scende la sera.

Live forever

ROMA TERMINI

AVERSA

CASERTA

Eppure mi capita spesso di guardarmi indietro, ridere del mio passato e dirmi che tutto sommato non ho di che lamentarmi, raccontare a me stesso momenti memorabili, da film. Le porte si chiudono ancora e va tutto al rallentatore.
Il treno ha un odore familiare.

I saw you in the corner of my eye on the sidelines
Your dark mascara bids me to historical deeds

GENOVA PIAZZA PRINCIPE

PAVIA

C’è stato un periodo della mia esistenza in cui credevo che avrei passato il resto dei miei giorni su e giù per l’Italia a bordo di un treno. Fortuna che poi sono riuscito a riequilibrare sostanzialmente il rapporto ormoni/chilometri.

A love once new has now grown old

ROMA TERMINI

Rimpianti? Di ogni tipo, ma chi non ne ha? Eppure resto convinto che anche essi siano un’invenzione dell’animo umano, poiché se si accetta che le cose accadano punto e basta, allora si trova facilmente la forza per procedere alla stazione successiva.
Forse ne restano, ma adesso li conto sulle punta delle dita di una sola mano.

Can you still tell what’s right and what’s sad?

GROSSETO

Prima o poi tocca a tutti crescere, toccherà persino a me, e a quel punto cosa me ne farò dei rimpianti? Meglio darsi da fare, indossare la cravatta migliore ed affrontare i dubbi e le paure con l’indiscussa eleganza che mi contraddistingue.

RIOMAGGIORE

E poi tanti dubbi svaniscono se mi giro e ti guardo.

SAN MINIATO – FUCECCHIO

Che strano odore, quale strano sentire: come se vecchio e nuovo si mescolassero, ricordi antichi e presente diventassero una sola cosa, una matassa inestricabile di sensazioni che diventano un brodo primordiale da cui traggo nutrimento, linfa vitale. Ed ancora mi volto e ti vedo.
E capisco?

And these memories lose their meaning
When I think of love as something new

PISA CENTRALE

Casa.

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Essere o non essere… neutrali?

È incredibile come a volte le circostanze della vita riescano a coincidere tra loro, quasi ad indicarti la via. Una vita, nel caso specifico la mia, passata cercando di mediare, nel tentativo (talvolta vano) di evitare interventismi inutili e confronti troppo aperti, un po’ per carattere, un po’ per necessità, un po’ – lo ammetto – per pigrizia. Ed ora che siamo al dunque – uno dei tanti dunque – ora che il rush finale per recuperare gli esami è finito e mi aspetta solo l’ultimo traguardo, ecco che l’argomento che mi accingo ad affrontare in questa cosa che chiamano tesi triennale è proprio quello: la neutralità. Sono strane le vie del vivere, l’ho sempre detto. Eppure ci ripenso, e sorrido.

Non ho sorriso affatto, invece, quando ho scoperto che per scrivere un piffero di post sul mio trascurato blog dovevo scaricarmi tutta la fantastica suite del nuovo messenger-cacca. Rottura.
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Certe cose ti strizzano l’intestino (e non sto parlando della peperonata)

Fare successo, perché? Per i soldi? Ma certo. Per la fama? Sicuro. La gloria? Ovvio.
Ma non basta, non metterei mai tante energie in qualcosa se aspirassi solo a questo. Il vero motivo è la rivincita, la rivincita che mi prenderei su tutta quella pletora di cretini che ti guardano dall’alto al basso, si atteggiano quasi come a compiangerti, ti vogliono far capire che loro hanno compreso tutto e che per arrivare ci vuole quello che hanno loro, non quello che hai tu.

Fare successo per vedere le loro facce dopo.
Oh, si.

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Venghino siòri, venghino!

La febbre shockante dilaga: cliccate qui, votateci su QOOB e forse ci vedrete in tivvù!

P.S.: Andreas è in arrivo anche su Talent1, state in guardia!

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E TuTubi?

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Cacca (ovvero, di quanto questo blog abbia talvolta preso una piega ridicola)

Un giorno un uomo che di tanto in tanto sapeva essere saggio mi disse: "Non c’è un momento in cui un uomo goda di più di quando sta facendo la cacca. Cosa c’è che dia più piacere al mondo che fare la cacca?"
Quell’uomo non era lontano dalla Verità, vi dico.
Tutto sommato, però, questo discorso c’entra poco con quello che volevo scrivere giusto trentasette secondi fa.
Trentotto.
Trentanove.
Quaranta.
Ok, era giusto per fare le cose precise.
 
Sono passati quattro anni da quando ho messo piede nello strano e psichedelico mondo dell’università. Il primo anno sembrava sfolgorante, le sorprese si annidavano ad ogni angolo e piovevano ragazze di nome Chiara da ogni dove. La vita era diventata improvvisamente facilissima e meravigliosa; c’erano le difficoltà, ma sembravano parte di un grande disegno collettivo, quasi come se tutto dovesse succedere perché era giusto così, e basta.
A quattro anni di distanza, all’inizio del quinto e deprimente anno di stagnante università, le cose sono diverse quel tanto che basta a chiedersi se un bel saltino indietro nel tempo non sarebbe utile. E’ la domanda fondamentale della vita dell’Uomo, quando ci si guarda indietro e ci si chiede "lo rifarei?". E io lo rifarei? Ma poi, rifarei cosa? Domanda superflua, si, rifarei tutto. O almeno credo. Rifarei tutto perchè la vita si divide tra scelte essenziali e scelte accessorie, ma quelle per le quali vale la pena porsi la fatidica domanda sono solo le prime (che sono poche e monumentali). Ho passato quattro anni intensi e a tratti duri, complicati e tenaci, durante i quali ho messo a durissima prova il sistema nervoso mio e di tante altre persone: alcune rimangono, altre se ne sono andate (probabilmente) per sempre. Ma più vado avanti, più cresco e più mi rendo conto di quanto sia più facile sentire vicine le persone lontane, e vice versa. C’è stato chi sembrava fondamentale e poi non lo era, chi è stato amato troppo e chi troppo poco, chi si è rivelato infame ma le ha pagate tutte fino in fondo e fin troppo, a questo punto. E ora quasi non fa più ridere.
Anche se…
Ma si arriva ad un punto in cui l’unica strada da percorrere passa attraverso mura che vanno demolite, strade che devono essere spianate. Ci sono già passato, ho già demolito mura invalicabili e costruito strade coi mezzi di fortuna che avevo, e non rinnego niente. Le scelte difficilissime ed impensabili le ho fatte.
Sono arrivato? No, macchè.
 
Sono appena partito.
Vero, Dan?
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I love you, honey pie!

Nello che rutta

Fissate intensamente il centro dell’immagine per 30 secondi, dopodichè allontanatevi lentamente dallo schermo. Vi apparirà chiaramente la sagoma di Neil Young travestito da Alfa 147 che fa un bomprò (in falsetto).

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